Basta la convivenza o serve essere uniti civilmente?
La Legge Cirinnà non può essere applicata retroattivamente a fini previdenziali. Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza 24694/2021, secondo la quale la legge 76/2016, che ha esteso il diritto alla pensione di reversibilità in favore del partner superstite di una coppia omosessuale unita civilmente, è applicabile solo se la richiesta di pensione e il decesso del pensionato siano avvenuti dopo l’entrata in vigore della norma. La stessa sentenza ha inoltre chiarito la differenza tra la mera convivenza e il rapporto coniugale di due persone unite civilmente: la prima può essere revocata in qualunque istante liberamente, la seconda no. Inoltre, affinché ci sia una unione civile è necessaria una dichiarazione formale e consapevole di volontà di entrambi i soggetti davanti a un ufficiale di stato civile e con due testimoni, non sostituibile da una convivenza di fatto, anche se di lunga durata. Così come non rileva l’iscrizione nelle liste tenute dal comune di residenza.
Non solo. Con la recente ordinanza del 14 marzo 2022, la Cassazione ha ribadito che per ottenere la reversibilità è assolutamente necessario che la coppia fosse già unita civilmente, e non semplicemente legata da un vincolo di convivenza, anche se registrata e pluriennale. Il nostro ordinamento prevede pochissime tutele in caso di premorienza di uno dei partner conviventi, e tra esse non vi rientra la pensione al convivente superstite, erogabile solo a quello “sposato”.
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