La Cassazione torna ancora una volta su un caso tutt’altro che infrequente nelle famiglie divise
In un mondo sempre più globalizzato e connesso, sarebbe da sciocchi pensare che le famiglie vivano in uno stato di fissità. Non è infrequente, infatti, che le famiglie si spostino, cambiando città, regione o, addirittura, trasferendosi in un differente stato. Ma cosa succede se il genitore collocatario del minore vuole, o deve, trasferirsi in una diversa città, magari per lavoro? Il diritto alla bigenitorialità del minore prevale in ogni caso sugli interessi del genitore che avanza la domanda di trasferimento, oppure il giudice chiamato a decidere può effettuare un bilanciamento tra l’interesse del minore, quello del genitore collocatario e quello del genitore non collocatario?
Su questo si è espressa nuovamente di recente la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza pubblicata in data 14 febbraio 2022, n. 4796.
Secondo gli Ermellini infatti, la tutela dell’interesse preminente del minore ad una crescita equilibrata nel rapporto con entrambi i genitori è soddisfatta quando la relazione con il genitore non collocatario viene riconosciuta per contenuti ampliativi e forme alternative, quanto ai tempi di frequentazione, a quelle godute precedentemente. L’interesse del genitore collocatario viene, quindi, preso in considerazione dal giudice, purché questo avvenga in equilibrio con la disciplina del diritto di visita del figlio da parte del genitore non collocatario a tutela del diritto alla bigenitorialità.
Sicché, il giudice del merito chiamato ad autorizzare il trasferimento di residenza del genitore collocatario del minore deve pertanto valutare con l’interesse di quest’ultimo, nell’apprezzata sussistenza della residenza abituale quale centro di interessi e relazioni affettive, quello del genitore che abbia richiesto il trasferimento e, ancora, del genitore non collocatario su cui ricadono gli effetti del trasferimento autorizzato, per le diverse peggiorative modalità di frequentazione del figlio che gliene derivino.
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