Con una recentissima pronuncia (ordinanza 6 settembre 2021, n. 24049), la Suprema Corte continua a “picconare” i principi precedentemente vigenti in materia, ribadendo che per richiedere un assegno di mantenimento occorre dimostrare in concreto di averne davvero bisogno, non soltanto allegare di non (potere) lavorare. L’attitudine al lavoro proficuo dei coniugi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche. Deve, quindi, escludersi che il giudice possa accogliere la domanda di contribuzione del coniuge dando semplicemente atto del mancato svolgimento, da parte dello stesso, di un’attività lavorativa: tanto più che in materia vige il principio per cui l’onere della prova del diritto al mantenimento, in seguito a separazione personale, incombe su chi il mantenimento lo richieda. La corresponsione dell’assegno di mantenimento è ancora oggi una delle voci più dibattute e complesse nei giudizi tra coniugi. Lo Studio Legale de Belvis potrà aiutarvi nella predisposizione della più idonea linea difensiva da adottare qualora riteniate di averne diritto.