La Cassazione conferma un orientamento sempre più consolidato
Se dopo il divorzio l’ex coniuge, ancora giovane e in ottima salute, si rifiuta di cercare un lavoro, per la Cassazione non ha più diritto all’assegno. Per mantenerlo, infatti, si deve dimostrare, quantomeno, di essersi impegnati per cercare un impiego e di non avere avuto successo. Con una sentenza resa lo scorso 4 febbraio 2020, la Cassazione ha evidenziato, nell’atteggiamento rinunciatario e passivo dell’ex nella ricerca di un’occupazione, il cardine per revocare l’assegno.
E’ da tempo che la giurispudenza ritiene che vi sia un vero e proprio obbligo dell’ex coniuge nel cercare di rendersi indipendente economicamente, ove le circostanze lo permettano, dopo la concessione dell’assegno nella fase di divorzio.
Non è possibile adagiarsi, non esiste alcuna rendita di posizione nell’essere stati sposati. Ormai, il divorzio recide (quasi) tutto. Se non vi sono impedimenti particolari alla ricerca di un impiego, e non sia data prova contraria, ci si deve attivare per trovare lavoro in maniera propositiva, e solo se non ci si è riusciti per colpa non propria l’assegno sarà mantenuto, altrimenti no. Una sentenza, questa, che segue un’altra pronuncia rivoluzionaria dei magistrati di piazza Cavour. Lo scorso ottobre, i supremi giudici avevano stabilito che il diritto all’assegno di divorzio può venire meno nel caso in cui il coniuge beneficiario abbia una relazione sentimentale con periodi più o meno lunghi di convivenza, tanto da rendere stabile la nuova unione.
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